La campagna d’Italia.
Il punto di vista di questo famoso generale è contenuto in un volume che, se letto con una certa attenzione e senza troppi pregiudizi storici e morali, desta estremo rispetto e talvolta ammirazione per la serenità di giudizio. Sto parlando di SOLDATO fino all’ultimo giorno. E al proposito del bilancio della campagna d’Italia sgombra subito il campo da inutili retoriche dichiarando di astenersi da qualsiasi dichiarazione di carattere politico puntualizzando però che l’entrata dell’Italia in guerra, avvenuta in un momento sicuramente inopportuno, non era stata né richiesta né desiderata dalla Germania che aveva, tra l’altro, un grande interesse alla neutralità italiana. Questa frase, da sola, avrebbe probabilmente fatto sobbalzare (eufemismo) molte persone che oggi non ci sono più per ragioni anagrafiche. Dico questo perché ho sentito spesso ripetere il contrario in molti documentari video.
Dice Kesselring che la situazione politica e militare era, a quel tempo, una circostanza di fatto alla quale bisognava in qualche modo rassegnarsi. Ogni eccessivo allargamento della guerra presenta svantaggi incontestabili, soprattutto per le nuove esigenze imposte al potenziale bellico e per le conseguenti difficoltà inerenti i rifornimenti e i comandi militari. I paesi in guerra hanno sempre mirato a portare le ostilità in territorio nemico per risparmiare il proprio e questo era un pensiero fisso di tutti i generali tedeschi. Ovvio. Lo sgombero di tutta l’Italia e la difesa del Reich su posizioni alpine non avrebbe portato ad un potenziale risparmio di forze ma, contrariamente, avrebbe condotto ad una situazione decisamente pericolosa per la conseguente libertà completa di movimento degli Alleati in direzione della Francia e dei Balcani, dando loro la possibilità di allestire numerose basi aeree per colpire la Germania e l’Austria con efficaci bombardamenti sulle vie vitali di rifornimento. Qualora si fossero volute effettuare con qualche probabilità di successo le operazione di ritirata, si sarebbero dovuti compiere preparativi di lunga mano, cioè fin dal 1942/43, il che non era proprio né pensabile né possibile, non foss’altro che per motivi politici.
Con questo punto di vista appare evidente che che la lotta per l’Italia era non solo opportuna, ma assolutamente necessaria.(!!!) Se si fosse avuto per obiettivo la fine anticipata della guerra, rinunciando a valersi delle possibilità di successo che ancora esistevano, si sarebbe allora dovuto ritenere inutile la guerra nel Mediterraneo.
Kesselring aggiunge che, dal suo punto di vista, al risultato negativo della campagna d’Italia e di fronte alle forti perdite la situazione bellica generale ne è risultata avvantaggiata. Si possono infatti contrapporre anche elementi positivi. (!?!) L’esistenza di un teatro di operazioni in Italia ha vincolato forze alleate che, se impiegate su altri fronti, avrebbero influito in modo severamente sfavorevole per la Germania sia sul lato Occidentale, sia su quello Orientale. Detta così mi sembra terribile; le nazioni, le culture, le tradizioni, gli uomini, non possono essere relegati al ruolo di cuscino o di scudo! Non stiamo parlando di mattoncini Lego da contrapporre al bolscevismo o quant’altro…
Il generale continua asserendo che grazie a questa visione bellica la Germania meridionale venne risparmiata fino quasi alla fine di aprile 45 e questa fu una circostanza determinante per la produzione di materiali vari e per la resistenza generica del paese. Ciò anche quando i destini della Germania erano già stati decisi dagli avvenimenti su altri fronti. Dopo l’invasione della Normandia, il teatro italiano assunse un carattere secondario, circostanza testimoniata dal ritiro di oltre 10 divisioni dall’Italia. Da parte nemica rimanevano invece vincolate le stesse forze di prima. Il fatto che si sia potuto mantenere il fronte italiano nelle condizioni esposte, nonostante l’assoluto dominio del cielo da parte alleata, deve essere considerato dagli storici come il “massimo risultato conseguibile”, perché un’operazione di occupazione con tale disparità di forze sarebbe stata impensabile come iniziativa militare sulle carte di qualsiasi generale. Probabilmente, il successo di insieme sarebbe stato più evidente se i combattimenti del mese di aprile 1945 si fossero potuti svolgere col libero gioco delle forze, senza impedimenti da parte del Comando supremo. Nota polemica, questa e non condivisibile per numerosi motivi.
In un altro punto della sua disamina, Kesselring, nonostante la sua fama di italiofilo (a suo dire), ci bacchetta affermando che le unità italiane, assai superiori di effettivi, non combatterono mai il nemico con eguale accanimento e che il suo Comando e quello supremo sopportarono pazientemente questo stato di cose per riguardo all’amicizia verso l’Italia. Qui, personalmente e 70 anni dopo, mi farei volentieri una sonora risata! Interessante la ulteriore l’ulteriore differenziazione della tipologia del nemico che Kesselring ha definito come quella adottata da tutto il personale bellico tedesco; per noi gli Alleati erano “gli avversari”, che usavano mandare avanti principalmente la “carne da cannone” (neozelandesi, brasiliani, polacchi avversi, gurka, francesi ribelli, russi, etc.) e poi si facevano grandi dei successi dei subalterni (questo è un po’ vero…); ma gli ” italianen ” del dopo 8 settembre erano ” stra-ODIATI ” per il tradimento (endemico nella razza italiana) attuato verso i tedeschi e verso gli italiani stessi (parlando della fuga ignobile di Vittorio Emanuele III).
Questo tipo di affermazioni non vengono esplicitamente riportate nei documentari generalisti, ma trasudano spesso dai concetti espressi da molti reduci che vogliono raccontare il sentimento verso gli italiani e Kesselring rincara il giudizio aggiungendo che fu proprio questo stato di cose che indusse il tedesco a trasformare la fratellanza d’armi in una serie di brutali assassinii contro coloro che erano stati loro alleati. Qui però il generale si lascia andare ad una semplificazione della questione dimenticando tutte le 800 stragi in Italia perpetrate dalle SS e dalla Wermacht! Io ricordo però che Kesselring era un nazista convinto che a fine guerra amava raccontare nelle birrerie di Monaco le sue nefandezze con veemenza.
Ho avuto il desiderio di riportare alcuni dei concetti-madre di questo generale che ritengo abbia scritto ammorbidendo molti toni, soprattutto nei riguardi degli italiani, per far conoscere il punto di vista tedesco (chiaramente di parte) nella questione italiana. E’ mio parere che comunque il tedesco abbia pagato troppo poco e in modo sbagliato per quello che ha fatto; eventuali attenuanti non potranno condurre ad una “tumulazione” dell’argomento, neanche dopo 70 anni. Solo rimane il rammarico che la giustizia politica del dopoguerra non abbia saputo essere svincolata dagli interessi dei potenti di quei giorni. Me se si avesse voluto o potuto fare giustizia con le proprie mani verso i tedeschi, facilmente si sarebbe passati dalla parte del torto e finito con l’assomigliare agli antichi giustizieri del ’43. A volte, la legge del perdono è terribilmente frustrante. E’ una mia idea.
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