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bomba o non bomba?

… cantava Antonello Venditti.

Qualcuno ricorda che il “25 febbraio 1942, a Los Angeles risuonò l’allarme aereo, la gente corse ai ripari, gli scoppi della contraerea illuminarono il cielo, ma il nemico non solcava i cieli, non c’era nessuna incursione e a terra non cadevano bombe…”.
E allora?   Intanto però, erano trascorse solo poche settimane dall’attacco su Pearl Harbor e gli americani temevano un attacco giapponese sul suolo statunitense da parte del nemico. E la paura faceva davvero 90!


Una domanda ovvia:
– cosa ha fatto scattare l’allarme antiaereo?
Un cormorano che volava troppo veloce?

e ancora:

– cosa poi hanno visto gli operatori della contraerea per sparare nel cielo per quasi un’ora, con un frastuono da finimondo?
Erano forse in preda ai fumi di una qualche erba tagliata male?
Sto scherzando.
Immagino che dopo l’attacco giapponese la nevrosi di quei giorni fosse pressochè al limite, ma certe risposte, temo, ancora oggi rimarrebbero inevase; bisognerebbe poterlo chiedere a qualche soldato di quel tempo, ma il punto è un altro: i giapponesi sarebbero davvero poi stati in grado di portare un attacco vero agli Stati Uniti su suolo americano?
Un filmato di quei giorni riporta una pagina di giornale un titolo a 4 colonne con: – ha inizio la battaglia di Los Angeles. ll Grande Raid!, ma del nemico nessun avvistamento certo… -.
Quindi?   Quindi niente. Da un rapporto militare però si evince che lo stato d’allerta durò quasi 5 ore di tensione completa.

Come ho scritto in precedenza, un primo tentativo di attacco era stato approntato nei primi mesi del 1944 coi famosi palloni aero-statici che dovevano sganciare bombe incendiarie sull’America sfruttando le correnti d’aria propizie. Fino al 1945 i giapponesi lanciarono circa 9mila ordigni e di questi, solo 900 raggiunsero effettivamente gli Stati Uniti, creando, in vero, qualche danno che il governo tenne però opportunamente segreto, ma la tecnologia fu giudicata presto troppo poco efficace e priva di qualche riscontro.
Ai giapponesi serviva un’idea più devastante e più risolutiva.
Qualcosa di nuovo e magari, di non convenzionale.

Ed infatti qualcosa c’era.
Qualcosa studiato dall’Unità 731. Ne avevo parlato nell’articolo “Hitler e la guerra batteriologica segreta” e in “Unità 731. more infos“, pubblicati all’inizio di maggio del 2018, ma giusto oggi c’è qualcosa di nuovo e di più fondato ancora.

Ho scoperto che nel 1995 sono stati desecretati alcuni documenti rivelanti prove che l’Unità 731 era sul punto di usare armi di distruzione di massa con un piano ben studiato e strutturato dalla Marina Imperiale giapponese.
Un test nipponico dell’ottobre del 1940 effettuato su Nim Bo, nel nord est della Cina, aveva ottenuto un successo eclatante scatenando la peste bubbonica e aveva dimostrato che la cosa funzionava davvero; ma il metodo di propagazione, via-palloni aerostatici, aveva incontrato alcuni ostacoli per via della sua sporadicità e per la totale mancanza di controllo nell’inoculazione.

Ma nel 1944 era stata ultimata una bomba nuova batteriologica, lunga 60 cm, con all’interno uno spazio per la soluzione batterica ad alto potenziale studiata dall’unità 731 e con involucro in ceramica, adatto a non danneggiare l’agente patogeno all’atto della sua frantumazione.

Per colpire il popolo americano l’imperativo era quello di diffondere in maniera più vasta possibile il battere della peste bubbonica che nel mondo aveva già mietuto oltre 200 milioni di vittime.
Per raggiungere questo scopo i giapponesi si erano avvalsi della vivisezione e l’applicazione di oltre 150 varianti del ceppo per risultare estremamente letali e risolutive.
Test ulteriori furono attuati su aeree più ampie della popolazione cinese che sterminarono nel giro di un mese diverse migliaia di civili, usando fino a 10 varianti della bomba batteriologica per studiarne gli effetti sul campo.
Legavano gruppi di due persone a dei pali e bombardavano l’area predestinata con lo scopo di infettare, non di ucciderle direttamente.
Poi il personale addetto dell’unità 731 passava a raccogliere i dati dell’esperimento.
Migliaia di soldati britannici, americani, catturati ad Hong Kong, Singapore e nelle Filippine, vennero condotti nei campi della Manchuria (es. Mukden) ed esposti volutamente alla dissenteria ed altre malattie infettive da un’unità dipendente dall’unità principale 731 generando un ritmo di decessi di 186 morti in 5 giorni per oltre 40 giorni.
Per dare un esempio dell’efficacia della tecnologia giapponese riporto un caso accaduto nel 1942. A quel tempo l’America voleva vendicare Pearl Harbour e inviò 16 bombardieri da una portaerei nel Pacifico ad oltre 1000 Km dal Giappone. Questi bombardieri (B-25), col compito di colpire Tokio, non poterono ri-atterrare sulla portaerei e furono costretti a rifugiarsi in un villaggio in Cina, aiutati dai locali.
La punizione inflitta dai giapponesi dell’unità 731 a quel villaggio cinese fu batteriologica e, mostruosamente, si ripresenta ciclicamente ancora oggi, dopo oltre 70 anni, senza ancora essere stata debellata interamente (fonte di Pechino).
Nel frattempo, gli americani avevano conquistato le Marianne, ad appena 2000Km dall’Impero giapponese e sarebbe servita una tecnica nuova, veloce e precisa, per sferrare una attacco letale in grado di colpire il nemico in modo non prevedibile e tantomeno convenzionale.

La Marina giapponese aveva ultimato un nuovo tipo di sottomarino: l’I400: il più grande sottomarino della seconda guerra mondiale.
A differenza di tutti gli altri, aveva due grandi compartimenti stagni che, affiancati, gli conferivano una grande stabilità sull’asse di rollio e questo consentì ai progettisti di costruire un sottomarino più alto, consentendo loro di prevedere un comparto superiore. Un ampio hangar dove alloggiare tre velivoli idrovolanti 6run ad ala piaghevole, come formidabile strumento d’offesa, per raggiungere le coste del nordAmerica senza essere avvistati e lanciare l’attacco biologico per diffondere la peste bubbonica programmata.
La cosa particolare è che fu proprio la Marina Imperiale a proporre questa tipologia di attacco, nonostante lo studio delle proprietà batteriologiche provenisse dall’ormai lontano 1930.


Il testing del sommergibile fu ultimato nel giugno del 1945 ma gli americani erano ormai ad Iwo Jima e, da lì a pochissimo, alle esplosioni di Jiroshima e Nagasaki, quindi alla resa finale giapponese, con l’abbandono ovvio del progetto e del mezzo.

Gli americani vennero a sapere del progetto solo a guerra conclusa e comunicarono che il piano risultava come “operazione px” con tre obiettivi principali: San Diego, Los Angeles e San Francisco.
La guardia costiera giapponese ha affermato che i sommergibili sarebbero stati ammassati e dimenticati dalle forze americane, dopo la resa nel 1945, nella baia delle isole Goto, nella prefettura di Nagasaki. Erano tutti a 200m di profondità e sono stati rilevati di 122m di lunghezza, 15 di larghezza e 10 di altezza da un sonar speciale di ultima generazione.


Poteva trasportare 144 uomini di equipaggio e tre idrovolanti Aichi M6A Seiran.
L’I402 fu costruito nel luglio del 1945 per colpire il continente americano ma non ebbe mai modo di sferrare nessun attacco e cadde in mano statunitense immediatamente dopo il bombardamento di Hiroshima e la seguente resa.
I Giapponesi, infatti, consegnarono l’unità dopo aver scaricato in mare siluri e aerei. Dopo la resa le Autorità Sovietiche chiesero di ispezionare l’arma segreta giapponese, gli Americani decisero di affondare intenzionalmente il sottomarino al largo di Oahu e riferirono di averne perso le tracce.
Un altro particolare è che fu scoperto al largo delle Hawaii e affondato dagli americani in un luogo segreto allo scopo di nasconderlo ai russi.


Fonti nipponiche scrivono che della classe I-400 ne furono costruiti 6, ed altri che invece furono usati prevalentemente ad uso di trasporto merci tra la Germania e il Giappone compreso il celebre I-51, noto per il trasporto di materiale fissile tedesco e radar costruiti dai giapponesi per il Terzo Reich.
Se la guerra fosse proseguita soltanto qualche mese gli americani avrebbero conosciuto verosimilmente una delle più grandi piaghe dell’umanità che li avrebbe portati a perdite incalcolabili con danni a seguire, per decenni.


Esisteva anche un piano B giapponese, scoperto nel 1995.
Era previsto pure uno sbarco di un’unità di truppe scelte preparate, incaricate di infettare le città della costa occidentale americana.
In pratica, kamikaze infettanti portatori di peste.

Ma la cosa incredibile è che a guerra finita l’America poi si impossessò dei risultati dell’unità 731 e garantì loro l’immunità dall’accusa di crimini di guerra in cambio di segreti, tecniche e risultati, ottenuti con decenni di esperimenti disumani.

>foto di supporto:
1. sommergibile I400
2. idrovolante Aichi M6A Seiran
3. team giap di supporto
4. team 731 (foto di gruppo)
5. test su Nim Bo
6. museo di Nim Bo
7. sede di sviluppo dei batteri (1944)
8. effetti e test malattie infettive
9. esperimenti disumani
10. campo di prigionia di Mukden
11. prigionieri britannici
12. complicità dell’Alto Comando