Aldilà delle modifiche del team di ricerca, nella nuova serie, il modus operandi non è cambiato. Si prosegue, in pratica, sempre e solo a cercare di verificare quel dato rapporto FBI, o un altro servizio segreto e i certificati di immigrazione. Non nego che la cosa abbia un certo effetto mediatico, anche nel caso non si approdi a nulla di fatto.
Come ho già ripetuto in queste pagine, i tempi sono forse troppo maturi per rivelare qualcosa di decisivo, ma si dimentica ancora di ottenere maggiori informazioni dalle persone semplici. Infatti, a mio modo di vedere, le informazioni più succulenti sono provenute proprio da abitanti locali che hanno messo in luce particolari inaspettati e sono proprio quelle che possono guidarci verso nuovi risultati.
Per esempio, se il team di Baer riuscisse a trovare qualcuno che ha lavorato al tempo nella base di Rechlin potrebbe, di conseguenza, trarre delle conclusioni molto più forti. Si potrebbe cercare qualche rapporto dell’esercito sulle migliaia di arresti fatti dagli americani negli ultimi giorni di guerra, in quella zona. La stessa cosa dovrebbe essere ripetuta sugli abitanti locali di Hohenlychen, ma mi rendo conto che probabilmente ci si scontra anche con difficoltà strutturali che, per quanto ho avuto modo di notare, non sono ancora state risolte. Mi spiego meglio.
Si immagini di essere un abitante di una certa località imputata di conservare alcune notizie di una certa rilevanza. Ci suonano alla porta e si presentano 2 o più persone che parlano in inglese chiedendo, prima, se si è disposti ad essere ripresi in video da un team che si occupa del periodo in esame. Si può non aver voglia di mettere in piazza ciò che si ricorda, non aver voglia di essere additati dai vicini di casa, di sollevare polveroni o di spifferare al mondo segreti gelosamente custoditi per tanti decenni.
A questo periodo, ricordo di aver letto un episodio di un scrittore, accaduto nel 2008. Ecco il fatto.
(parla il ricercatore)
Per raccogliere sudate informazioni, finalmente vengo a conoscenza di una persona che dovrebbe essera a conoscenza di fatti importanti riguardo la presenza di Hitler a Reconquista, provincia di Santa Fe – in cui è notoriamente insediata da decenni un folta comunità tedesca.
Il tipo con cui dovrei parlare si chiama Meyer, che risulterebbe in possesso addirittura di un certo numero di foto di una visita del Fuhrer, nel 1950, qui. Costui sarebbe un figlio che avrebbe ricevuto dal padre questo materiale dopo aver assistito personalmente all’evento tanto atteso da quella comunità. A questo proposito, l’individuo, appena contattato, si rivelò – direi – orgoglioso che il padre avesse visto di persona il leader nazista e aggiunse che quest’ultimo faceva visita per essere ricevuto dai residenti tedeschi, molti dei quali veterani. “Hitler arrivò alla riunione con cappotto e cappello stile alpino e con la scorta…“, aggiunse ancora, “tutti i presenti fecero l’immancabile saluto nazista, poi si ritirarono in una stanza privata“.
Entusiasta di questa conoscenza e speranzoso di fare progressi nella mia ricerca, domandai un nuovo appuntamento per approfondire, quando all’improvviso Meyer cambiò improvvisamente atteggiamento e diventò sfuggente.
Riferì che aveva parlato con alcune persone che gli avrebbero detto di non parlare più della vita di Hitler. Raccontò che addirittura che gli avrebbero telefonato dicendogli di tacere e di tener presente che “la GESTAPO è ancora attiva…“. Dopo qualche tempo, mi scrisse scusandosi per l’atteggiamento improvviso ma la cosa non era una questione del passato, ma del presente. “Lei è ancora viva!” riferendosi ad Eva Braun. Secondo Meyer, l’amante di Hitler era molto anziana (novantenne) ma godeva di buona salute e viveva della rendita di grandi appezzamenti di terreno fra l’Argentina ed il Paraguay.
Il ricercatore qui parlava la lingua del posto e sicuramente se avesse mostrato di parlare una lingua straniera non sarebbe stato aiutato ad avvicinare le persone giuste ed in più, non aveva in spalla nessuna telecamera, né microfono.
Conservare un segreto diventa, ad un certo punto, un fatto intimo, anche se l’esperienza non ci riguarda in prima persona.
E allora, ora la domanda che si rivela spontanea è:
chi ha tenuto un segreto per 73 anni, verrà mai a rivelare qualcosa, ora?