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pericolo.
Pavelic ferito in un incontro segreto.

Per l’ex presidente della Croazia nazista la pace finì nel 1957 quando, all’improvviso, fu ferito da sei colpi di pistola. L’attacco avvenne mentre stava tornando a casa, dopo una riunione segreta, in Calle Mermoz 643, nella località portegna di Lomas del Palomar. L’aggressione, con armi da fuoco, fu realizzata da agenti comunisti jugoslavi, anche se poi non è mai stato ufficialmente dimostrato. Pavelic si salvò per miracolo ma non si riprese più dalle lesioni causate dagli spari. Ferito gravemente ricevette i primi soccorsi e poi si architettò un piano di evacuazione per condurlo fuori dal Paese. Non si conoscono i dettagli della fuga. Tuttavia, grazie ad alcuni dati e fonti affidabili, sembra che si sia spostato in Patagonia prima di scappare in Spagna. La domanda sorge immediatamente, perché in Patagonia? Perché aggiungere migliaia di chilometri in più alla sua fuga e in quelle condizioni di salute?

Se la ragione era un percorso sicuro, subito viene da pensare che ce ne erano altri più vicini, gli stessi usati negli anni ‘40 dai marinai della corazzata Graf Spee per uscire dall’Argentina.
Non era necessario spingersi a latitudini così a sud quando, in realtà, il percorso, poi seguito, attraversò l’Atlantico per arrivare in Europa.
Di fronte a questo strano ricorso il dubbio s’insinua, e, quindi è ragionevole una nuova ipotesi: prima di partire, Pavelic doveva incontrarsi con Hitler nel sud dell’Argentina?  Non si troverà mai risposta a questa domanda, ma un ricercatore non deve mai perdere le speranze perché a volte i dati spuntano sorprendentemente da dove uno meno se li aspetta…
La verità è che Pavelic — dopo il suo enigmatico “tour” per le terre patagoniche — alla fine fuggì per il passo internazionale più a sud del continente che unisce la città argentina di Rio Gallegos con quella cilena di Punta Arenas, dove, in quel periodo, si era stabilito il criminale nazista Walter Rauff.
Il Croato attraversò le Ande con l’aiuto di una persona il cui nome falso era Ivan Irinej e che usava anche l’apocrifo Maria Mijajlovic Korvin.
Successivamente si rifugiò in Spagna dove visse fino alla sua morte avvenuta il 28 Dicembre del 1959, in un convento francescano nei pressi di Madrid. Là troverà il suo ultimo rifugio.

Per oltre 10 anni Pavelic era riuscito a vivere in Argentina senza alcun problema eludendo ogni richiesta di estradizione dei paesi ora comunisti. La risposta argentina alla Jugoslavia fu che nel paese non viveva nessuno che rispondesse al nome di Ante Pavelic. Ovvio, il croato, nei registri dell’immigrazione figurava come Pal Aranjos, suo nome falso.
Per tutto il tempo riuscì a far politica in sintonia con Peron e a dirigere un’impresa di costruzioni e mentre complottava contro il comunismo, si incontrava in segreto con Hitler.
Dal 1946 il Governo jugoslavo del maresciallo Josip Broz (noto come Tito) sollecitò varie volte l’estradizione del croato e di altri otto suoi connazionali asserendo che figuravano tutti come probabili principali criminali di guerra dell’ultimo conflitto bellico.


Ma fu protetto incredibilmente formamlmente dagli Stati Uniti che stavano adottando un criterio contrario all’estradizione per i criminali nazisti reclamati dai Paesi comunisti, come nel caso appunto della Jugoslavia (che intanto era stata smembrata).
Al dibattito dell’Assemblea delle Nazioni Unite del 15 novembre 1947 era stato dichiarato (e votato a favore con 42 voti contro 7) che:
è sentimento comune ed umanime delle potenze occidentali  opporsi alle pretese del blocco sovietico.    Il contrario significherebbe favorire la presecuzione politica e favorire, anzichè il castigo dei criminali di guerra, l’eliminazione di uomini e idee che si oppongono all’asservimento ai sovietici dei loro rispettivi Paesi -.

La guerra fredda si stava già mostrando imperiosa.

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